Menopausa:
come rimanere in salute mangiando
La menopausa spesso porta con sé cambiamenti fondamentali nel corpo e nella psiche di una donna. Il disturbo principale sono le vampate, che purtroppo chiunque in età menopausale ha avuto modo di conoscere. Inoltre cambi d’umore improvvisi e disturbi dell’apparato genitourinario…chi non vorrebbe lasciarseli alle spalle? Non tutte hanno sintomi importanti, non tutte hanno gli stessi sintomi e non tutte li hanno alla stessa età. Diverse condizioni possono anticipare la menopausa di qualche mese o anche di 1-2 anni. Alcuni sono fattori modificabili altri no. Ricordiamo l’abitudine tabagica, la nulliparità, il menarca precoce (prima degli 11 anni), la predisposizione genetica. Al contrario il parto e l’uso della pillola contraccettiva sono associati ad una menopausa posticipata di qualche mese. Quanto sopra esposto ci permette di comprendere come l’insorgenza della menopausa è legata anche ad un corretto stile di vita. Segui questa guida e migliorerai il tuo benessere psico-fisico.
1. L’importanza della dieta
Diversi studi mettono in luce quanto una dieta ricca di frutta, verdura e cereali, associata ad una netta riduzione del consumo di grassi, abbia decisamente migliorato lo stato di salute generale di molte donne in menopausa. Fondamentale risulta associare alla dieta un miglioramento dello stile di vita, inteso come esercizio fisico, e abbandono di abitudini scorrette come il fumo e la sedentarietà.
2. I molteplici benefici delle fibre
Un considerevole aiuto che ci viene offerto dalla natura sono le fibre. Dovremmo introdurne minimo 30 g al giorno, consumati insieme ad 1 litro e mezzo o 2 litri di acqua. Le fibre, in particolare quelle dei cereali e di alcuni frutti, proteggono dalla neoplasia mammaria le donne in menopausa. I cereali integrali presentano un effetto protettivo sullo sviluppo di diabete di tipo 2 e svolgono un ruolo di protezione da malattie cardiovascolari attraverso molteplici e complessi meccanismi. La giusta assunzione previene l’obesità, da un lato perché la masticazione degli alimenti che le contengono richiede un tempo più lungo, viene quindi acquisito prima il senso di sazietà, che evita l’ingestione di eccessive quantità di cibo; dall’altro perché sono in grado di assorbire notevoli quantità di acqua, e conseguentemente di determinare distensione gastrica, aumentando e prolungando il senso di appagamento. Per tale ragione gli alimenti con un elevato contenuto di fibre possono incidere positivamente sia sul metabolismo degli zuccheri che dei grassi. Le maggiori fonti alimentari sono la frutta, le verdure, i legumi ed i cereali integrali.
3. I lipidi e le malattie cardiovascolari
La menopausa si accompagna a cambiamenti del metabolismo lipidico, che portano ad una maggiore incidenza di aterosclerosi e di conseguenza di malattie cardiovascolari e cerebrovascolari. Sostituire le proteine di origine animale con proteine della soia ed in generale con proteine di origine vegetale, permette di ridurre la concentrazione plasmatica di colesterolo LDL (il cosiddetto colesterolo “cattivo”) e di ridurre il rischio di cancro al colon-retto. Questi obiettivi nutrizionali sono sicuramente raggiungibili con una dieta vegetariana equilibrata, nella quale l’introduzione di colesterolo è assente o è fortemente ridotta, c’è un elevato consumo di acidi grassi monoinsaturi (che rappresentano la quota di grassi positivi per il nostro organismo), presenti per esempio nella frutta secca, di fitosteroli presenti nella soia, di elevate quantità di vitamina E, A ed acido folico, e di tutte le vitamine in genere, presenti in verdura, frutta, legumi e cereali integrali, oltre ad antiossidanti e flavonoidi presenti anche questi in frutta e verdura. I soggetti che seguono diete vegetariane sono esposti con una percentuale inferiore a malattie cardiovascolari. Questo grazie al ridotto consumo di grassi saturi e di colesterolo, e maggiori introiti di fibre, magnesio, potassio, vitamina C, folati, carotenoidi, flavonoidi e altri fitocomposti.
4. Il calcio e l’osteoporosi
L’osteoporosi è una patologia comune nelle donne in menopausa. E’ una malattia sistemica dello scheletro caratterizzata dalla riduzione della massa ossea (ossia la quantità di minerali contenuti nel nostro scheletro) e da alterazioni qualitative strutturali dell’osso e delle sue proprietà materiali; si accompagna ad incremento del rischio di frattura. Presentano una predisposizione maggiore donne magre (con ossa piccole), di razza bianca, forti bevitrici di bevande alcoliche, fumatrici, pazienti in terapia con corticosteroidi o levotiroxina e donne che non praticano attività fisica. La riduzione della massa ossea ha un’eziopatogenesi multifattoriale: calo di estrogeni tipico della menopausa, razza, ereditarietà, farmaci, peso corporeo, fattori ambientali e dietetici. Precisamente, riguardo alla dieta, una delle cause principali è la perdita di calcio dall’organismo. Risulta quindi fondamentale il controllo di quei fattori che tendono a negativizzarne il bilancio, cioè quelle abitudini alimentari che determinano una perdita, diretta oppure indiretta, di questo prezioso minerale dall’organismo. Al primo posto troviamo un eccessivo uso di proteine, soprattutto di origine animale, seguito da un’eccessiva introduzione alimentare di fosforo, sale, caffeina, alcol, cioè tutte quelle condizioni che aumentano l’acidità dell’organismo e che obbligano l’osso a cercare di ripristinare il ph aumentando il rilascio in circolo di calcio. L’assunzione di adeguate quantità di calcio è sicuramente importante nella prevenzione e nella terapia dell’osteoporosi. Infatti bassi livelli di questo minerale associati a ridotti introiti di vitamina D sono stati collegati al rischio di fratture osteoporotiche. E’ indicata l’introduzione di almeno 6 porzioni giornaliere di cibi contenenti calcio, potendo inserire nella dieta cibi addizionati o acqua calcica in alternativa ai supplementi. Le fonti principali vegetali di calcio sono latti vegetali addizionati con calcio, verdure a foglia verde a basso contenuto di ossalati, soia e altri legumi, mandorle. L’evidenza scientifica non giustifica il ruolo di eccessivi introiti di latte vaccino e derivati per la prevenzione dell’osteoporosi, poiché ricchi di proteine animali, che come spiegato precedentemente incrementano la perdita di calcio a livello urinario. La fibra alimentare, infine, possiede un effetto prebiotico che può favorirne l’assorbimento a livello intestinale. Diversi componenti della dieta sono in grado di influire sull’assorbimento del calcio (ad es. vitamina D, fibra, fitati) e sulla sua escrezione (ad es. proteine, sale, fosforo, potassio).
5. La vitamina D
La vitamina D aumenta l’assorbimento di calcio e di fosforo a livello intestinale, e riduce le perdite urinarie di calcio. Ha anche la funzione di mantenere una buona efficienza muscolare, riducendo il rischio di cadute e quindi di fratture. Nelle donne in menopausa una concentrazione ottimale è necessaria al fine di limitare la perdita di massa ossea e il rischio di fratture. Nei cibi vegetali è scarsa o assente, e si trova sotto forma di vitamina D2 (ergocalciferolo). La troviamo invece in piccole quantità sotto forma di vitamina D3 (colecalciferolo) nei cibi di origine animale, compresi latticini e uova. Spesso risulta utile un’integrazione o l’utilizzo di cibi addizionati, anche perché con l’aumentare dell’età diminuiscono i livelli di vitamina D ematici, verosimilmente per una ridotta esposizione solare, per una riduzione della capacità di sintesi a livello cutaneo, per mmobilizzazione e per minore assunzione. Per garantire una sufficiente produzione endogena di vitamina D è consigliabile una vita all’aria aperta che permetta una esposizione alla luce solare del volto e delle mani per almeno 10-15 minuti al giorno, per 2-3 volte la settimana durante i mesi estivi, in soggetti adulti e di razza bianca. L’esposizione ai raggi UV del sole, infatti, favorisce la produzione di questa vitamina da parte di un precursore immagazzinato nella cute. Alcune vitamine e minerali sono cofattori dei sistemi enzimatici coinvolti nel metabolismo osseo (ad es. vitamina K, vitamina C, vitamina A, Zn, Cu, Mg, Mn). Pertanto, oltre a calcio e vitamina D, altri fattori nutrizionali sono strettamente legati alla salute dell’osso: potassio, magnesio, vitamina K, proteine, grassi saturi, fosforo, vitamina C, sodio, manganese, zinco, rame.
6. Il fosforo
Il fosforo è lo ione presente in maggior quantità nel tessuto osseo dopo il calcio e ne contrasta l’eccessiva perdita attraverso le urine. A livello intestinale però il fosforo riduce il riassorbimento di calcio, contribuisce quindi a negativizzarne ulteriormente il bilancio. E’ presente nella maggior parte degli alimenti, tra cui cereali, legumi e frutta secca, bibite gassate e carne. La sua biodisponibilità è ridotta nelle diete vegetariane, questo costituisce un vantaggio nutrizionale, dal momento che un’eccessiva introduzione di fosforo con la dieta aumenta la perdita di massa ossea.
7. La vitamina K
L’assunzione di vitamina K è stata associata ad una minore incidenza di fratture ossee nell’anziano, ma non è facile mettere in evidenza il contributo di questa vitamina rispetto a quello di altri componenti presenti nelle sue principali fonti dietetiche, come i vegetali a foglia verde, i cereali e il rosso d’uovo. E’ prodotta inoltre dalla flora batterica del digiuno e dell’ileo. Studi che mettono in evidenza una relazione inversa tra introito di cibi ricchi di vitamina K e fitocomposti e rischio di fratture del femore, supportano l’effetto favorevole delle diete vegetariane. Al momento non esistono però abbastanza analisi per confermare o smentire un eventuale utilizzo terapeutico della vitamina K nelle donne in menopausa.
8. Il sodio e il potassio
Il sodio va assunto in minime quantità poiché determina un aumento della perdita urinaria di calcio. Ogni grammo di sodio introdotto provoca la sottrazione dall’organismo di 20-40 mg di calcio. Un’alimentazione povera di sodio e ricca di potassio favorisce il mantenimento di una buona massa ossea. Al contrario elevati introiti di potassio sono associati ad una più elevata densità ossea.
9. Lo zinco e il rame
Il deficit di zinco alimentare può portare ritardo nell’accrescimento osseo, in presenza di deficit nell’assorbimento intestinale di rame possiamo ritrovare osteoporosi. Lo zinco è contenuto nei cereali integrali, nella frutta secca, nei semi oleaginosi, nella soia e nei legumi, il suo fabbisogno giornaliero, in femmine e maschi adulti, rispettivamente, è di 7 mg e 10 mg. Il rame è presente nei cereali integrali, nei legumi e nelle alghe. I fattori dietetici che riducono l’assorbimento del rame sono la vitamina C, lo zinco, le proteine, le fibre e i fitati.
10. Altre vitamine e minerali
La vitamina E è un potente antiossidante, soprattutto nei confronti degli acidi grassi poliinsaturi delle membrane cellulari. In uno studio condotto su donne in menopausa i ricercatori ne consigliano una maggiore assunzione per ridurre l’intensità delle vampate di calore. Le principali fonti alimentari di origine vegetale sono tutti i cibi grassi vegetali, soprattutto gli olii, specie di germe di grano, nonché le noci, i semi oleaginosi e le verdure verdi. La dieta vegetariana è consigliata per le donne in menopausa anche perchè ricca di vitamine di sostanze antiossidanti (come vitamina C, selenio, ubiquinone, bioflavonoidi), utili per contrastare lo stress ossidativo, una delle principali cause di malattia aterosclerotica e neoplastica. Infine, una dieta contenente elevate quantità di β-carotene, presente nella maggior parte dei cibi vegetali di colore verde, giallo o arancione, ha potere antiossidante e sembra avere azione protettiva nei confronti del tumore al seno. Attenzione va posta ad eventuali eccessive assunzioni, principalmente attraverso integratori, di composti della famiglia della vitamina A, che possono causare dermatiti, alterazioni delle mucose, perdita di capelli, epatomegalia, assottigliamento e fratture delle ossa lunghe, ipertensione endocranica associata a cefalea e vomito, aumentato rischio di aborto e di teratogenesi quando assunta in gravidanza.
11. Le proteine
Limitati introiti di proteine possono compromettere l’integrità dell’osso. Un’assunzione non adeguata di questi nutrienti associata a ridotta introduzione di calcio è stata collegata ad una riduzione di massa ossea e a fratture del femore e della colonna nella popolazione anziana. Tuttavia, sono soprattutto gli elevati introiti proteici, in particolare le proteine di origine animale, che possono compromettere la salute dell’osso. Infatti esagerare con l’assunzione di carne, pesce, latticini, ma anche frutta secca e cereali raffinati porta ad un eccessivo carico acido renale che si accompagna a perdita urinaria di calcio. L’effetto negativo delle proteine si presenta in particolar modo quando nella dieta sono presenti basse quantità di questo importante minerale, è quindi il rapporto calcio-proteine ad influire maggiormente sulla qualità dell’osso, più che le quantità dei due singoli nutrienti. Le principali fonti vegetali sono i legumi, la frutta secca, i cereali, le verdure.
12. La dieta vegetariana, l’obesità e le patologie metaboliche
Con l’avanzare dell’età abbiamo una riduzione del metabolismo basale e della massa muscolare. Tale fenomeno inizia intorno ai 25 anni, è lento e graduale fino ai 50 per poi avere una evidente accelerazione con la menopausa. Quindi la percentuale di massa muscolare e massa grassa subisce una modificazione che determina l’alterazione della proporzione tra le due componenti. In particolare durante la menopausa si verifica un aumento, più o meno severo, dell’obesità centrale; infatti con l’ingresso in questa fase della vita, la donna tende ad assumere una distribuzione del grasso simile a quella maschile, caratterizzata dalla maggior quota di grasso addominale. Appare logico che le calorie introdotte debbano essere proporzionali alle calorie consumate, per evitare aumenti ponderali. Diversi studi hanno messo in relazione l’elevato apporto calorico con lo sviluppo di neoplasie. L’obesità e il sovrappeso si associano al carcinoma mammario che si presenta in epoca postmenopausale. L’eccesso di energia è strettamente correlato con lo sviluppo di ipertensione arteriosa, diabete mellito e malattie cardiovascolari. L’incremento del tessuto adiposo influisce direttamente sulle complicanze cardiovascolari, scheletriche, tumorali e metaboliche. Per questa ragione un’adeguata restrizione calorica appare indispensabile per prevenire le suddette complicanze. Seguire una dieta ipocalorica vegetariana permette un controllo maggiore delle calorie introdotte, perché la maggior parte degli alimenti vegetali hanno una densità calorica medio-bassa, ad eccezione degli oli vegetali e della frutta secca. Le persone che seguono una dieta vegetariana presentano un Indice di Massa Corporea (IMC o BMI) inferiore rispetto alla popolazione generale. Oltre ad essere utilizzato per la classificazione del sovrappeso e dell’obesità, il BMI è anche un indice epidemiologico. Esiste infatti una profonda correlazione tra indice di massa corporea e rischio di mortalità per patologie cardiovascolari, diabete e malattie renali. Nei soggetti che seguono un’alimentazione a base vegetale risulta quindi ridotto il rischio di sovrappeso, obesità e malattie cardiovascolari. Seguendo una dieta ipocalorica vegetariana viene ridotta la quantità di calorie ingerite rispetto a quelle di cui ha bisogno l’organismo per sostenere il metabolismo basale, l’attività fisica e la termogenesi indotta dagli alimenti (ossia l’energia che l’organismo spende ogni volta che si introduce del cibo). Viene creato un deficit energetico che costringe l’organismo a mobilizzare le riserve energetiche, ossidando il grasso accumulato con produzione finale di acqua, anidrite carbonica e, naturalmente, energia disponibile. Vanno sicuramente eliminati, o almeno limitati, alimenti con elevato indice glicemico come le patate, il pane bianco, la frutta zuccherina e i cibi raffinati, perché rallentano il calo ponderale. Particolare attenzione va posta verso i carboidrati semplici come il saccarosio. I carboidrati vanno assunti a partire da prodotti integrali, che contengono anche fibre, in grado di contrastare l’assorbimento di zuccheri e grassi a livello intestinale, oltre ad aumentare il senso di sazietà grazie alla più bassa densità calorica dei cibi. L’obesità può portare al peggioramento o all’insorgenza di patologie importanti come l’ipertensione arteriosa, il diabete mellito di tipo II, la sindrome metabolica e alcune neoplasie. La sindrome metabolica è una condizione clinica nella quale troviamo un soggetto con molteplici fattori di rischio presenti contemporaneamente, come obesità, ipertensione arteriosa, dislipidemia, diabete mellito. Questi collocano il paziente in una fascia di rischio elevata per sviluppare malattie cardiovascolari. Il suo approccio deve prendere in considerazione oltre a controlli periodici della pressione arteriosa e dei livelli ematici di glucosio e lipidi, anche dieta ed esercizio fisico. Con l’età si riduce la tolleranza al glucosio. Studi scientifici mostrano come le vampate abbiano una frequenza ridotta dopo i pasti, invece aumentano quando la concentrazione ematica di glucosio diminuisce nei periodi tra un pasto ed un altro. Anche in questo caso l’alimentazione vegetariana ci viene in aiuto, infatti tra i soggetti che seguono questo regime alimentare abbiamo bassi tassi di sovrappeso-obesità e una migliore sensibilità all’insulina. In coloro che seguono questa dieta troviamo la consuetudine di ricavare i carboidrati da cereali integrali e da legumi e di introdurre notevoli quantità di fibra, queste abitudini contribuiscono a mantenere costante la concentrazione di zuccheri nel sangue.
13. La soia
Negli ultimi anni è aumentato il consumo di soia, considerata un estrogeno naturale per l’elevata quantità di fitoestrogeni in essa contenuti. Questi sono composti presenti nelle piante, simili al principale estrogeno femminile. Hanno un debole effetto estrogenico (cioè mimano la funzione degli ormoni estrogeni) e non vengono immagazzinati.  Rispetto agli altri legumi ha una quantità di proteine e grassi maggiore, il contenuto proteico del fagiolo secco è il doppio o il triplo, per aumentare ancora di più nell’isolato proteico, e i carboidrati sono inferiori in quantità rispetto agli altri legumi. L’olio, ricavato dal fagiolo di soia ha un elevata concentrazione di acidi grassi omega 3. La soia ha inoltre un alto contenuto di ferro e calcio e la capacità di ridurre il colesterolo plasmatico, la pressione arteriosa e il rischio di alcune neoplasie ormono-sensibili (prostata, ovaio, mammella) e del colon (caratteristica appartenente a tutti i legumi). Un’altra caratteristica è quella di causare meno meteorismo rispetto alle altre leguminose. Già tutte queste qualità sopra esposte la investono di un ruolo quasi fondamentale nell’alimentazione della donna in menopausa, ma ancor di più per la quantità notevole di fitoestrogeni che contiene. Queste sostanze vegetali contribuiscono a ridurre le vampate di calore nelle forme più lievi. La soia è una buona fonte di fibre, che migliorano l’assetto glucidico e lipidico (regolando il colesterolo) nei diabetici. Sembra inoltre regolare il livello di colesterolo e di trigliceridi ed incrementare la concentrazione di colesterolo HDL (il cosiddetto colesterolo “buono”). In particolare il latte di soia, oltre ad essere privo di lattosio e ricco di acidi grassi insaturi, non contiene colesterolo.

Tra i componenti della soia hanno acquistato importanza come nutraceutici (termine che si riferisce ad alimenti che hanno una funzione benefica sulla salute umana) gli isoflavoni, fitoestrogeni particolarmente rappresentati in questo legume. Ad essi sono attribuite molteplici proprietà:

– riduzione della sintomatologia menopausale (vampate di calore, ipercolesterolemia, sovrappeso, ecc.);

– mantenimento della normale struttura del tessuto osseo, poiché ne aumentano il contenuto minerale;

– riduzione del rischio di neoplasia, in particolare alla prostata, al seno e al colon.

Tutto sembra apparire chiaro guardando le percentuali di queste patologie in quei Paesi dove la soia è parte integrante della dieta quotidiana.

Anche dal trifoglio rosso vengono estratti i principi attivi dei fitocomposti, però non vi sono evidenze cliniche che supportino l’efficacia degli isoflavoni estratti dal trifoglio rosso nel migliorare la sintomatologia vasomotoria o nel ridurre i livelli di colesterolo LDL nel sangue. Non è stata ancora stabilita la sicurezza di supplementi di isoflavoni di trifoglio rosso assunti da pazienti con cancro al seno o all’endometrio. Poche evidenze sottolineano una possibile efficacia nel mantenimento di una buona struttura ossea e una migliore elasticità arteriosa, fattore di rischio per l’aterosclerosi. I fitoestrogeni non sono presenti solo nella soia, altre fonti sono i cereali integrali, i legumi, i frutti di bosco, i vegetali e i semi oleaginosi (semi di lino, frutta, luppolo).
14. L’acqua
Appare importante ricordare che la quantità ottimale di liquidi da assumere durante il corso della giornata, oltre a quelli già presenti nei cibi, è di 1,5-2 litri. Vanno evitati gli eccessi di bibite zuccherate, di bevande alcoliche e di bevande nervine (tè, caffè, etc.).
15. Le cattive abitudini
Alcuni comportamenti quotidiani sono associati ad un’aumentata probabilità di manifestare i disturbi legati alla menopausa e le patologie ad essa connesse. Tra questi troviamo: l’abuso di alcol, l’eccessivo consumo di caffeina (caffè, tè, coca-cola) e il fumo. Quest’ultimo, oltre ad essere un fattore di rischio importante per numerose neoplasie, come il cancro al polmone e alla vescica, ha anche un effetto negativo sulla massa ossea in donne in menopausa, aumentando il rischio di frattura, riducendo l’assorbimento intestinale di calcio e, indirettamente, modificando il metabolismo degli estrogeni e accelerando la menopausa di 1-2 anni. Oltre ad avere effetti negativi sullo scheletro il fumo rappresenta un fattore di rischio cardiovascolare. L’alcol risulta un fattore di rischio di rilevante importanza per l’osteoporosi, un eccessivo introito si accompagna anche ad alterazioni a livello nutrizionale, come deficit proteico e malnutrizione, oltre agli squilibri della funzionalità epatica. Anche la caffeina è legata ad effetti negativi durante la menopausa: un elevato introito determina un incremento dell’escrezione urinaria di calcio, influendo negativamente sulla perdita di massa ossea.
16. L’attività fisica
La frequenza e l’intensità dell’esercizio fisico tende solitamente a diminuire con l’avanzare dell’età. La maggior parte della riduzione della spesa energetica è dovuta alla diminuzione dell’attività fisica e la restante parte alla riduzione del metabolismo basale. L’attività fisica previene e riduce i principali problemi connessi alla menopausa, riduce fortemente le vampate, migliora il tono dell’umore, contrasta efficacemente la depressione migliorando l’aspetto fisico, l’estetica e la fiducia in se stessi. La ridotta attività fisica rappresenta un fattore di rischio per le fratture osteoporotiche perché legata ad una perdita di massa ossea; il movimento invece protegge e previene le fratture, anche grazie all’aumento della massa e forza muscolare. Sia gli esercizi di potenziamento della massa muscolare che quelli mirati ad aumentare l’equilibrio sono utili come forma di prevenzione delle cadute, è meglio evitare eccessivi esercizi di forza e sport con rischio di cadute che potrebbero essi stessi innescare fratture, nel primo caso da sovraccarico. Inoltre, l’attività fisica migliora i sintomi climaterici e previene l’obesità. Per arrivare ad una riduzione della massa grassa, attraverso il consumo calorico durante l’attività fisica, bisogna privilegiare esercizi aerobici di resistenza. Quindi l’attività fisica che risulta più utile ad aumentare la densità ossea è quella che fa lavorare il muscolo contro gravità, come camminare, salire i gradini, fare jogging, bicicletta, cyclette, sci di fondo, ping pong, ginnastica, lavorare con i pesi, ballare. Il nuoto rappresenta un esercizio fisico salutare e utile a tutte le età, ma non efficace come i precedenti per contrastare l’osteoporosi. L’esercizio fisico permette anche di migliorare la propria efficienza cardiorespiratoria riducendo il rischio cardiovascolare.
17. Raccomandazioni generali
“Tutte le donne in età postmenopausale devono essere incoraggiate ad assumere uno stile di vita che riduca il rischio di demineralizzazione ossea e di fratture osteoporotiche: mantenere un peso ottimale, alimentarsi con una dieta bilanciata, assicurarsi un apporto adeguato di calcio e vitamina D, fare appropriato esercizio fisico, evitare l’eccessivo consumo di alcool, non fumare ed usare accorgimenti per prevenire le cadute”. Così la North American Menopause Society (NAMS) ha espresso le sue raccomandazioni nei confronti delle donne in postmenopausa. Risultano ugualmente utili le raccomandazioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) per la donna in menopausa:

– aumentare l’attività fisica

garantire la copertura dei fabbisogni di calcio e vitamina D raccomandati, utilizzando preferibilmente le fonti alimentari

– ridurre l’assunzione di sodio

aumentare il consumo di frutta e di verdura, non solo per favorire l’assunzione di importanti micronutrienti e della fibra alimentare, ma anche per il suo effetto alcalinizzante sul pH urinario

– tenere sotto controllo il peso corporeo

evitare l’abitudine al fumo

– limitare l’assunzione di alcol

– ridurre i fattori di rischio per l’aterosclerosi.

Molti fattori nutrizionali, oltre al quadro ormonale, sono oggi riconosciuti come importanti nella prevenzione e cura dei sintomi e delle complicanze della menopausa (perdita della massa ossea, rischio cardiovascolare, disturbi del sistema nervoso, neoplasie etc.). L’importanza di una dieta equilibrata è fondamentale non solo per affrontare la menopausa, ma anche per raggiungere questa fase in perfetta salute. Raccomandazione principale è quella di aumentare il più possibile l’assunzione di frutta e verdura, diminuire quella di grassi e non perdere eccessivamente peso (sorvegliando i cali ponderali involontari e non forzare oltremisura un dimagrimento volontario). Anche in menopausa, quindi, come in ogni fase della vita, è valido il modello di dieta vegetariana, meglio ancora nella variante vegana, caratterizzata da elevato consumo di alimenti di origine vegetale, quindi frutta, verdura, legumi, cereali integrali, frutta secca, olio d’oliva come principale fonte di grassi, e assenza di proteine animali.

E’ stato dimostrato che l’adesione alla tradizionale dieta vegana si associa ad una maggiore aspettativa di vita e ad una riduzione del rischio di morte per eventi cardiovascolari e cancro.
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26. Ziaei S, Kazemnejad A, Zareai M: “The effect of vitamin E on hot flashes in menopausal women”. Gynecol Obstet Invest. 2007; 64(4): 204-7.
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